L’idea della mostra nasce dall’esigenza intimamente sentita in questo momento di grave criticità internazionale - che tocca fortemente anche l’ambito degli spostamenti da un luogo all’altro - di creare da parte dei diversi autori presenti in mostra, un viaggio che potesse essere un luogo reale del pensiero, con caratteristiche riconoscibili in sé, o frutto di un ricordo lontano, o ancora legato a una fantasia propria dalle intime origini.
Sette artisti ci propongono, in un percorso che va dalla realtà esterna, allo spazio intimo e perfino astrale, immagini che ci conducono per mano in situazioni assai diverse tra loro, in luoghi e spazi del presente, del passato o dell’immaginario.
Così gli ambienti di hotel e motel, già vuoti e vissuti, spesso disadorni e poco accoglienti, labile traccia di un passaggio ormai spersonalizzato (Elisabetta Vazzoler). O i cellulari con
l’istantanea del viaggio, del qui e ora, mero simbolo di una lente attraverso la quale ormai si filtra ogni istante dimenticando l’attimo vero, il suo sapore, il suo profumo (Chiro).
Proiettandosi lontano con la mente, diventa possibile trovarsi in un acquerello dai pigmenti puri e delicati, in un’eterea natura tropicale (Barbara Natter), dove l’immaginazione viene alimentata dalle botaniche di Sybille Merian.
Drappi rievocati da dettagli fotocopiati cui si appoggiano poesie in stile tanka dell’autrice stessa (Celestina Avanzini) accompagnati da serie di numeri binari e francobolli che evocano cartoline ormai quasi desuete, ci indicano che il viaggio è ancora reale e possibile e il confine solo una traccia matematica al servizio della ragione.
Non da meno la sgorbia plasma e trafora il legno che diventa materia leggera e produce giochi spontanei di trasparenze, in cui si cela l’intimità di un viaggio che si dichiara libero e può disperdersi nelle spirali del tempo, ma non in quelle della memoria, occultata nell’intimità della coscienza. (Siebenschwarz).
Un kilim appartenuto ad Anna e un vecchio pizzo della nonna, si integrano in modo quasi naturale alle xilografie (Lucia Nardelli), in un dialogo che ci indica che il viaggio non finisce mai, che il cuore pulsa e l’anima sopravvive nella memoria di chi li sa vedere e ascoltare, che il vagabondare nel passato è sinonimo di viaggiare nel futuro, perché mette in rapporto gli individui e ciò che rappresentano.
Il piano interrato è suggestivo e adatto agli ingrandimenti fotografici che Paola Bradamante immagina inviati dalla sonda Urano XI inviata nell’orbita spaziale. Pianeti e galassie incuriosiscono l’artista, che conclude l’opera con uno spazio nero. Forse una perdita di contatto o forse quella meta di un viaggio che l’uomo ancora non ha potuto raggiungere.
Organizzatori:
Associazione degli Artisti della Provincia Autonoma di Bolzano
---
Avviso:
Per evitare possibili assembramenti tutti i vernissage o eventuali rinfreschi nel corso delle mostre sono momentaneamente sospesi.
Commenti
Per inserire commenti devi essere registrato